Il segreto per fare la focaccia

Per ottenere un’ottima focaccia, o una pizza che lieviti molto in cottura, l’impasto base deve avere una caratteristica precisa.

A tal proposito ho sperimentato molto, e mi sono documentato molto, eppure sembra che, in un modo o nell’altro, nessuno indichi l’elemento principale per ottenere un impasto che dopo la cottura sia lievitato almeno del doppio, sia soffice ma non spugnoso, si conservi per alcuni giorni mantenendo quasi inalterate le sue caratteristiche di fragranza e gusto.

Nella maggior parte dei casi vengono più o meno indicate le dosi, spiegata la lavorazione e la fase di lievitazione, e alla fine viene mostrata una foto di una bella e spessa focaccia o pizza. Si segue passo passo la spiegazione e non si ottiene lo stesso risultato, la focaccia resta sottile e secca, o quando va bene discretamente lievitata.

Vengo subito a dire ciò che io ho imparato, sperimentando, sbagliando, riprovando, e grazie anche alle indicazioni di Maestro Bonci del Pizzarium di Roma: per fare una focaccia spessa occorre che l’impasto abbia un contenuto d’acqua che sia, in rapporto alla farina, di circa l’80% (anche poco meno in realtà, ciò dipende dalla caratteristica della farina che abbiamo a disposizione; ogni farina può assorbire acqua solo per una determinata percentuale). Esempio: farina 0 (zero) gr 400, acqua gr 320-300. E poi un cucchiaio di olio di oliva, lievito in bustina 7 g (una bustina – in cubetto dovrebbero essere 20-25 gr un cubetto praticamente), 2 cucchiaini di zucchero, sale. Il segreto è questo: l’impasto deve essere molto morbido, quasi difficile da lavorare, non liscio e sodo come normalmente viene indicato per fare pizza o pane o persino la focaccia, ma elastico e bagnato (quasi una mozzarella in fase di lavorazione per capirci), da lavorarsi con cura, anche brevemente, non necessita dei 15-20 minuti di lavorazione che in genere dobbiamo fare per l’impasto della pizza.

Ancora: la fase più delicata, specie in certi periodi dell’anno (la primavera su tutti), è la lievitazione, ed ecco che ancora un consiglio di Maestro Bonci ci viene in aiuto: la lievitazione deve essere fatta in ambiente stabile, dove non ci siano sbalzi di temperatura e la giusta e costante umidità. Esistono molti modi (che ho avuto modo di sperimentare) per far lievitare un impasto, ma il più sicuro, quello che non tradisce mai è il frigorifero. Sembra quasi assurdo, dato che i saccaromiceti si attivano a temperature tra i 20-25° C, invece il frigorifero, il ripiano più basso, funziona benissimo. Il tempo di lievitazione si dilata. In genere rispetto agli altri metodi raddoppia. Va dalle 6 ore, alle 12 ore, alle 24. Ma è stabile e sicuro. Si pensi solo al fatto che con metodi tradizionali di lievitazione bisogna fare attenzione, non solo a non far lievitare poco l’impasto, ma anche a non farlo lievitare troppo, innescando un processo contrario che non dà buoni risultati in cottura. In frigo questo inconveniente è molto attenuato.

La farina: l’ideale è la farina 0 (zero), ottima per pane, pizza, biscotti, focacce.

Il lievito: il lievito in bustina (es. il mastro fornaio PaneAngeli) ha una caratteristica ottima: è stabile, non subisce processi di deperimento come il classico cubetto da frigorifero (esso è una colonia di saccaromiceti, è qualcosa di vivo che se non ben conservato va a male e non funziona). Inoltre si usa direttamente sulla farina, senza doverlo sciogliere in acqua tiepida. Quel tiepida racchiude diverse insidie: se troppo fredda o troppo calda inibisce gli agenti lievitanti. La temperatura ideale è 25°C

Il sale: da usarsi con moderazione ed inserire sempre per ultimo nella preparazione dell’impasto, e mai con o subito dopo il lievito. Il sale è nemico del lievito.

L’acqua: l’acqua del rubinetto ha il cloro, esso non è un elemento favorevole alla lievitazione. Se si vuole andare sul sicuro si può utilizzare acqua minerale naturale presa dalla bottiglia. Oppure, più semplicemente, si prende il quantitativo d’acqua necessario e lo si fa riposare per almeno 1 ora, ciò farà evaporare il cloro.

Varianti: per ottenere una lievitazione efficace e una focaccia che lieviti molto (e molto ad effetto) utilizzare al posto dell’acqua il latte (o parte di acqua e parte di latte nelle proporzioni che si preferiscono) e volendo si può aggiungere all’impasto una mezza patata lessa schiacciata ogni 500 gr di farina. C’è solo un inconveniente: con il latte  la focaccia non si conserva a lungo, tende a seccare rapidamente. Quindi il metodo funziona se la focaccia si consuma tutta subito, al massimo il giorno dopo scaldata in forno tiepido. Oltre può perdere in fragranza.

18 thoughts on “Il segreto per fare la focaccia

  1. Pingback: Focaccia gustosa (speck e patate) « Taglia&Cuoci

  2. Condivido pienamente ogni frase. Da te ho però appena scoperto la differenza tra l’acqua e il latte all’interno degli impasti. Interessante, approfondirò e soprattutto sperimenterò. Intanto grazie 🙂

  3. Pingback: Tutto ciò che bisogna sapere per fare pane e pizza in casa « Taglia&Cuoci

  4. Ragazzi, parlare e’ sempre facile e bello. Farina 0?????!!!!!!!ma quale, ce ne sono un’infinita’, con quale W 120-140-180-200-210-220-240-280??????
    I segreti…..sono racchiusi li

  5. Carlo, per l’amor del cielo non ti arrabbiare 😀 Discutiamo pacatamente, ok?

    Conosco il fattore w, sono circa due anni che studio pizze, focacce, farine, metodi di lievitazione, impastazione, cottura.

    In questo post non viene indicato il fattore w perché qui si parla di una focaccia fatta in casa, si presume perciò che la farina venga aquistata al supermercato (magari bio, consiglio il NaturaSì, dove si può trovare una farina decente, leggermente più “viva”, macinata a pietra, ma a pietra come si deve!). Ebbene: mi dici quali sono le confezioni di farina da supermercato (le normali confezioni da mezzo kg) in cui il fattore w viene indicato? Personalmente non ne trovo, magari ci fosse! E se tu trovi una marca che lo riporta, saresti così cortese da indicarmela? Mi sarebbe utile, perché come tu dici è un dato davvero importante 🙂

    Ebbene: il fattore w si trova indicato prevalentemente in farine per uso professionale.
    Se tu hai la fortuna di comprare farina al mulino, potendo parlare con chi la produce, rispondo alla tua domanda circa il fattore w:

    a seconda di quanto glutine contiene una farina la si definisce più o meno forte, e l’impasto che si otterrà da essa avrà una capacità di assorbire acqua diversa, dandoci così un impasto più o meno elastico (e questo è determinante nella preparazione di una buona pizza o focaccia, più è elastico l’impasto meglio è).

    Le farine quindi vengono classificate in base al contenuto di glutine (fattore w) da deboli a forti:

    deboli fino a 170 w, assorbono circa il 50% del loro peso in acqua; esempio: 400 gr di farina assorbono al massimo 200 gr d’acqua (in millilitri circa 250 ml), oltre l’impasto diventa palude, cioè eccessivamente liquido e per riportarlo alla normalità devi aggiungere altra farina (sconsiglio di usare queste, che purtroppo sono quelle spesso messe in commercio al supermercato!)

    medie da 180 fini a 200 w assorbimento d’acqua dal 55 al 65%

    forti da 280 a 350 fattore w , capacità di assorbimento dal 65 al 75%

    Ci sono poi le speciali, uso prevalentemente industriale che vanno oltre i 350 w, in genere si usano per tagliare farine deboli.

    Ebbene tu dovresti scegliere farine medie, o ancora meglio le forti, specie per una focaccia che lieviti molto le forti sono il massimo!

    Ti do un altro dato, visto che spesso il fattore w nelle normali confezioni non è indicato, possiamo però presumerlo leggendo le tabelle nutrizionali: più è alto il contenuto di porteine, più la farina è forte. E così uno si fa un’idea. Tra le diverse marche in vendita, conviene scegliere quella che ha il contenuto di proteine più alto, si avrà una pizza migliore in sapore, consistenza, croccantezza, capacità di lievitazione.

    Più in generale: quale farina zero scegliere? Beh, ti ho fornito alcuni dati, ma sarà prevalentemente la tua esperienza e il tuo gusto a farti scegliere, e se sei un appassionato di pizza e focaccia, vedrai che inizierai ad utilizzare diversi tipi di farina: diverse marche (una adatta per pizza, una per focaccia, una per torte salate ecc); di diversi tipi: farro, farro integrale, grano tenero integrale, mais, kamut ecc. scoprendo che ognuna ha caratteristiche e comportamenti diversi nell’assorbire acqua, nella lievitazione; scoprendo come mescolarle insieme, cosa si ottiene da una cosa da un’altra e via dicendo. Ma qui conterà la tua esperienza personale 🙂

    Spero di aver risposto alla tua domanda.

  6. Peccato che Ti ho trovato solo con due anni ritardo. Ottima disquisizione, chiara, sintetica e precisa. Volevo chiedere fondamentalmente due cose:
    1) Come cambiano le dosi e la percentuale di idratazione qualora al posto del lievito di birra si utilizzi quello “Naturale”?
    2) Le caratteristiche del forno (Temperatura max, vaporizzazione, …ecc ) sono fondamentali oppure anche con classico forno statico portato alla massima temperatura il “Pasticcio” riesce comunque?

    Ringrazio anticipatamente qualora Tu abbia il tempo per una risposta.

  7. Ciao Massimo, grazie della visita e dei complimenti. Il post che hai letto è stato scritto all’inizio della mia avventura nel mondo degli impasti e francamente, dopo due anni, penso di aver solo visto (e imparato) la punta dell’iceberg. Questo è un mondo davvero vasto in cui si sperimenta, si fa, si apprende ogni giorno (si sbaglia e si rifà).

    Il lievito naturale, o lievito madre (o pasta acida), è il punto di arrivo di ogni appassionato, non c’è niente di meglio: impasti più digeribili, più sani, più buoni, profumi unici che solo il tuo lievito darà alla tua pizza. Io, per ora, non l’ho ancora provato, dato che in genere faccio pizza o pane in casa 1 volta a settimana, e da diverse fonti (addetti ai lavori) mi è stato detto che il lievito madre in genere è utile per chi panifica/fa pizza almeno tre volte a settimana, cioè con una buona media, perché il lievito madre richiede cura e attenzione prima nella sua preparazione, poi nella sua conservazione, dato che bisogna nutrirlo, o “rinfrescarlo”, ogni 48 ore se lo si tiene a temperatura ambiente, ogni 4-5 giorni se in frigo, quindi dà da fare un discreto lavoro; e ci vuole un po’ di pratica per conoscerlo bene. Certo, poi gli sforzi vengono ben ripagati.

    Quando si fa un impasto è bene tener presente che si lavora qualcosa di vivo quindi: importantissimo seguire dosi abbastanza precise, in un preciso rapporto tra farina, acqua, lievito e sale. Tenendo presente che poi tali dosi possono anche risultare indicative in base alla giornata (umidità, temperatura) o al tipo di farina che si usa, o a ciò che vogliamo ottenere. Lievito madre, lievito secco o lievito in cubetto, come cambiano le dosi?

    Beh, direi che dipende molto da ciò che si fa, ti do una base di partenza da cui iniziare, in rapporto alla farina: 500 gr di farina 7 g (una bustina) di lievito secco; oppure 1 cubetto (25 g) di lievito di birra (quello che si conserva in frigo); lievito madre 100-150 gr..

    Più specificatamente, non avendo mai usato lievito madre, ti fornisco una ricetta del mio personale guru 🙂 Bonci, del Pizzarium di Roma. Con lui non puoi sbagliare

    Per pizza o focaccia: Farina tipo 0 1kg, tra i 500 e i 700 gr di acqua (in base alla croccantezza desiderata, se pizza classica andiamo vicino ai 500, se focaccia o pizza morbida più verso i 700), sale fino 10 g, 2 cucchiaini di olio, 300 gr di lievito madre.

    Se pizza di farro, con componente anche di farina di farro integrale, ecco che l’acqua diventa per 1 kg totale di farina 800 gr di acqua, 40 gr di olio evo, 20 gr di sale, 150 gr di lievito naturale.

    Il forno: cito sempre Bonci: ogni forno ha le sue specifiche caratteristiche, bisogna conoscere come lavora il nostro forno, e questa conoscenza ci viene data dall’esperienza. Il forno è un elemento importantissimo, per il colore, croccantezza, sapore, lievitazione, insomma per far compiere il miracolo 🙂 Non otterremo mai in casa le pizze come quelle dei veri e seri professionisti, un po’ per le farine meno pregiate che acquistiamo (ma questo limitatamente, oggi trovare buone farine non è impossibile) e soprattutto per il forno! I forni casalinghi, anche i cosidetti semi-professionali non sono sempre all’altezza.

    Primo dato: capire da dove arriva la fonte di calore: è elettrico e ha la serprentina che cuoce da sopra? Oppure è a gas e ha la serpentina sotto. Questo incide molto sulla cottura.

    Consigli? Difficilissimo, bisogna imparare, provando, a vedere come lavora il proprio forno, che tempeature raggiunge, se cuoce più in alcuni punti, meno in altri ecc.

    Anche con il forno casalingo comunque si possono ottenere ottimi risultati.

    Il mio funziona così, ed io lavoro in questo modo: elettrico con fonte di calore proveniente dall’alto: porto il forno a temperature molto altre prima di infornare, minimo 220° C. Inforno l’impasto nel ripiano più basso almeno dieci minuti (ad una temperatura tra i 220-200°C), poi controllo come si sta colorando e lo sposto nel ripiano superiore per terminare la cottura (a questo punto, se necessario, abbasso la temperatura a 180°C). Attenzione: la mozzarella quando la metto? Se la fonte di calore viene dall’alto, mettendola all’inizio si rischia di bruciarla. La metto o verso la fine o dopo i dieci minuti iniziali, e lo stesso faccio se ho ingredienti delicati, come verdure o insaccati ecc.

    • “Taglia”, la Tua competenza acquisita negli anni “sprizza” da tutti i pori del pane, pizza o focaccia che sia!
      Ringrazio e farò sicuramente tesoro delle Tue preziose indicazioni e spero di postare presto altre domande/proposte scaturite da tutte le mie sperimentazioni in merito.
      Un buon fine settimana

      Cordialmente
      Massimo

    • Ciao Marilena, con un ritardo abissale (mi dispiace) ti rispondo: ho provato molti impasti “misti” mescolando, in diverse percentuali, farine di tipo diverso (kamut, grano saraceno, integrale, farro ecc) ma mai con la semola. Ti dico una cosa: ogni tipo di farina, anche la semola, reagisce in maniera differente all’acqua, cioè varia il suo potere di assorbimento dell’acqua. Perciò ne risulterà sempre un impasto unico, differente dagli altri. Ad esempio un impasto farina 0 e kamut sarà diverso rispetto ad un impasto farina 0 e farro, o solo farina 0. Ergo si otterranno delle pizze differenti (ma sempre buonissime 🙂 ). Aggiungo che in base al mix di farine usate, altri fattori cambieranno: quantità di lievito, percentuale d’acqua, tempo di lievitazione.

      Ora, io ti dico che 50% farina e 50% semola è un esperimento possibile, ma non so che tipo di pizza venga. Nella mia esperienza professionale ho fatto la pasta fresca con la semola (uova e una punta d’acqua), ad esempio spaghetti, rigatoni, fusilli ecc. ottima! In fatto di pizza, io conosco solo un impasto (lievitazione diretta, come quella casalinga), in cui la semola era circa il 10% del peso totale, acqua 60% e farina 0, la sempla serviva per dare maggiore croccantezza alla pasta. Così per un certo periodo ho preparato la pizza in Francia, ed era molto buona.

  8. Bello articolo, adesso lo vado provare. Anche io gia per un bell po sto esperimentando fare la focaccia in casa. Perche viviamo al estero non ho altra scelta, perche qui non la possiamo comprare. Grazie per utili informazioni che hai messo 🙂 Lenka

  9. e per quanto riguarda il momento di stendere l’impasto si può con il mattarello?
    e poi , dopo che la stendi deve lievitare ancora? grazie ciao!

    • No, niente mattarello, non è proprio l’ideale in quanto va a distruggere l’alveolatura che si è creata all’interno del nostro impasto con la lievitazione. L’alveolatura si vede in cottura, perché la pasta ha all’interno degli spazi vuoti, che sono tutte le bollicine che vedi quando ha lievitato. Con il mattarello la bollicina scoppia e la pizza/focaccia non sarà altrettanto alta, fragrante e leggera.

      Esistono impasti appositi per la pizza in teglia, da stendersi con il mattarello, ma per la focaccia o una pizza che lieviti molto (o la pizza alla romana) è sconsigliato.

      Dopo aver steso la pizza nella teglia, un’ulteriore lievitazione è sempre ottima cosa. Almeno una mezzora, 40 minuti e si otterrà un risultato migliore.
      Ciao e grazie per il commento

  10. Mi dispiace rispondere solo ora, intanto grazie per essere passati sul mio blog e aver commentato, mi fa piacere 🙂 mi sono trasferito in francia (dove ora vivo e lavoro) e di conseguenza non ho più avuto troppo tempo per il blog.

    Io, anche se a distanza di molto (troppo) tempo provo a rispondere a tutti. Ancora grazie e spero a presto

  11. salve, da qualche tempo mi diletto all’arte della pizza in teglia casalinga, e sono partito da un elemento base della focaccia che faceva un tempo mia madre, la semola rimacinata. Si, faccio un impasto con 100% farina di semola rimacinata, però lei usava molto olio (adesso non ricordo bene i procedimenti che faceva), ma praticamente veniva quasi una brioche … io invece ho preso spunto da Bonci .. partendo dalla ricetta della focaccia pugliese ho voluto fare la pizza in teglia.
    La scorsa settimana ho preso 700 gr di semola e ho voluto provare una idratazione al 70% per non spingermi oltre (e menomale, mi sono ritrovato un impasto tutto colloso tipo gli schifidol, ma poi con le dovute pieghe sono riuscito a formare la palla soda 🙂 ), 17 gr di lievito di birra fresco, 15 gr di sale, 30 gr di olio, e 1 cucchiaino di zucchero.
    Una volta formato il panetto ho provveduto subito allo staglio dividendolo in 2 panetti per 2 teglie circa da 30×40 e l’ho lasciato in frigo per 24h senza farlo riposare a temperatura ambiente. Trascorse le dovute ore ho uscito dal frigo i 2 panetti e li ho fatti stemperare circa 15 minuti, dopodichè ho steso l’impasto sulla semola, ma non ho visto grandi bolle mentre passavo con le mani (forse l’ho fatto stemperare troppo poco?) Alla fine la pizza non è venuta tanto male, ma per via del mio forno difficile da capire, biscotta troppo la parte inferiore (il mio forno è a gas solo nella parte di sotto, ed elettrico solo nella parte sopra), ma dopo qualche ora è cominciata un pò di sete, anche se non molto eccessiva).
    Ora vorrei chiederti:

    1. come mai vedo che metti 7gr di lievito secco su 500gr di farina quando bonci mette lo stesso quantitativo su 1kg di farina?
    2. che consiglio mi daresti per la cottura?
    3. cosa mi diresti di fare nelle procedure o sulla ricetta di base da cambiare o risistemare?
    4. penso che dopo 24 ore la maturazione dell’impasto con farina di semola con proteine 11,5% debba essere arrivata al punto giusto, quindi dici che la sete sia dovuta alla lievitazione non portata al termine?

    Grazie mille per un tua eventuale risposta 🙂

    • Ciao Andrea, grazie per lo spunto molto interessante e per aver condiviso la tua ricetta e la tua esperienza. Io non ho mai sperimentato la semola, se non in percentuale minore in un impasto di farina 0 per dare maggiore “croccantezza” alla pizza o focaccia. Quindi non sono un esperto in materia e non posso bene indirizzarti circa procedimenti e dosi.

      Però qualche indicazione generale, derivante dalla mia esperienza, te la posso dare.
      1. Bonci è il mio faro 😀 mi ispiro a lui, ho il suo libro (che altrove nel blog ho indicato come fondamentale per imparare e migliorare nel fare le pizze casalinghe). Circa la diversa quantità di lievito: dipende dal tipo di farina che si usa. Bonci utilizza una farina “professionale” di altissima qualità, con un fattore W molto probabilmente alto (con la diffusione della cultura bio, comunque, quelle farine che lui usa, oggi sono più facilmente reperibili anche per uso casalingo). Quindi una farina FORTE. Regola generale vuole che più la farina è forte, minore sia la quantità di lievito che si deve utilizzare, e maggiore è il tempo di lievitazione. Le nostre farine casalinghe invece sono farine DEBOLI (con un fattore W basso, talvolta non esattamente indicate per fare la pizza) che hanno il vantaggio (anche se in realtà un vantaggio non è per molti versi, primo tra tutti la digeribilità) di lievitare più velocemente ma si deve usare una quantità di lievito superiore. Tra l’altro l’impasto di una farina forte si conserva per più tempo.
      Per dire: in ambito professionale per preparare l’impasto della pizza (parliamo di lievito chimico) in genere si usa 1-1,5 g di lievito per chilo di farina. Ma sono farine forti, create appunto per fare la pizza.

      2. la cottura con il forno a gas è effettivamente più complicata. A mio avviso il gusto della pizza è migliore, sa più di panificio, di buono 😀 comunque in genere, sia per un forno casalingo, sia quando un forno professionale è troppo caldo e rischia di bruciare il fondo della pizza, è opportuno interporre qualcosa tra la fonte di calore e la base della teglia di cottura. Spiego meglio: si inizia a cuocere normalmente la pizza, poi quando il forno scalda, sotto alla teglia si mette un’altra placca da forno fredda, uno strato freddo supplementare che aiuta un po’ nel non bruciare. A mio avviso si tratta di un paliativo, nel senso che serve a poco. Purtroppo il forno a gas (o comunque con fonte di calore proveniente dal basso) ci dà sempre dei grattacapi. Si potrebbe provare (ma non ne conosco bene il risultato) facendo una prima cottura a temperatura alta, e poi abbassare la fiamma per terminare la cottura con calore più dolce.

      3. circa la ricetta base non saprei bene cosa consigliarti, in quanto non so come si comporti un impasto di sola semola, non avendolo mai sperimentato 🙂 mi incuriosisce, dopo 24 ore di maturazione, l’assenza delle bolle. Mi verrebbe quasi da pensare (azzardo perché non lo so, è solo un’ipotesi) che in fondo la semola si presti per altri tipi di pizza (sottile e croccante) più che per la focaccia? Ossia che chimicamente (date le sue caratteristiche) non sviluppi l’alveolatura di una farina di tipo diverso, e quindi che in questo caso necessiti di un supporto, ossia l’aggiunta di una farina 0/00. Devo informarmi sulle caratteritiche chimiche della semola 😀

      4. in effetti la sete potrebbe esser sintomo di una lievitazione non del tutto portata a termine (ma anche di una cottura o stesura non corretta, come di una mozzarella troppo salata, di un prosciutto di qualità non eccelsa, e questo non dipende da noi che magari spendiamo qualche soldino in più pensando di prendere un buon prosciutto e ci ritroviamo talvolta la scarsa qualità che ci propinano…) insomma lievitazione prima possibilità; ingredienti utilizzati la seconda, cottura non corretta, ad esempio una pasta ancora un po’ cruda (specie con il forno a gas, per paura di bruciare il fondo la tiriamo fuori prima del necessario…) oppure un concorso delle tre cose insieme.
      Ciao

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